Lavoro “migrante”/ 1800 domande senza risposta 

La rete Como senza frontiere – insieme a Cgil-Cisl-Uil, Osservatorio giuridico per i diritti dei migranti, Campagna Ero straniero – ha inviato al Prefetto di Como una lettera per avere spiegazioni sullo stato di gravissima inadempienza da parte delle Istituzioni in rapporto alle procedure di emersione e regolarizzazione del lavoro prestato da persone migranti (la cosidetta “Sanatoria” del maggio 2020 – e per sollecitare contestualmente il riconoscimento dei diritti di tutte le persone presenti sul territorio, riconoscimento ancora più urgente in un periodo come questo segnato dal crescente disagio sociale e dalle incombenti difficoltà economiche.

Como senza frontiere attende una risposta non solo in termini informativi e burocratici, ma operativa e impegnativa per quello che attiene gli impegni dello Stato italiano nei confronti di tutte le persone.

Questo il testo della lettera inviata:

«Nel momento più cupo della diffusione del contagio Covid-19, nel maggio 2020, il governo italiano varò provvedimenti per la regolarizzazione e l’emersione dal lavoro nero, indirizzati in particolare ad alcuni settori (il lavoro domestico e di cura, il lavoro in agricoltura e zootecnia) dove evidenti erano, e sono, fenomeni di sfruttamento e di cancellazione dei diritti.

Giudicammo allora quel provvedimento tardivo e insufficiente; ciononostante, ci adoperammo perché l’adesione fosse la più ampia possibile, cercando di valorizzarne tutti gli elementi positivi.

A distanza di mesi, purtroppo, siamo costretti a rilevare che la risposta delle Istituzioni ha evidenziato carenze e lentezze, così che, dopo quasi un anno, la situazione non è molto cambiata.

Lo dicono, in maniera incontrovertibile, i dati raccolti nelle scorse settimane da fonti ufficiali del Ministero dell’Interno e delle Prefetture di tutta Italia dalla campagna “Ero straniero”: le convocazioni da parte delle Prefetture – passaggio indispensabile per ultimare la procedura di regolarizzazione – sono una percentuale assai bassa rispetto al totale delle domande presentate.

La situazione a Como non fa eccezione: a fronte di 1826 domande presentate per l’emersione del lavoro domestico e di 115 domande per lavoro subordinato, le convocazioni al 16 febbraio u.s. risultano solo 130 nel primo caso e 6 nel secondo.

Per questo, chiediamo – da una parte – quali siano le ragioni di tanti ritardi nell’attivazione di un provvedimento che proprio nella situazione di emergenza sanitaria e sociale traeva origine, e – dall’altra – quali azioni si intendano mettere in campo per modificare, in modo rapido ed efficace, tale situazione che risulta fortemente lesiva non solo dei diritti delle persone ma anche della capacità dello Stato di tener fede ai propri impegni.

Contestualmente, riaffermiamo la nostra piena disponibilità alla collaborazione, nelle forme opportune, per una efficace attuazione dei provvedimenti.» [Como senza frontiere]

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